10/06/2024
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Lampedusa tra preghiere e lacrime
Lampedusa tra preghiere e lacrime
L'8 giugno 2024, al largo delle coste libiche, si è verificato un evento drammatico. La nave Geo Barents di Medici senza frontiere ha recuperato in mare i corpi senza vita di undici migranti.
Su ordine del Viminale (Ministero dell'Interno), i morti sono stati infine trasferiti su una motovedetta della Guardia Costiera e sbarcati a Lampedusa.
Al molo Favarolo, la comunità intercongregazionale del Progetto UISG Migranti, da anni impegnata nell'accoglienza e nell'assistenza dei migranti sull'isola, ha accolto le salme con profonda commozione, tra lacrime e preghiere.
Di seguito riportiamo le parole di Suor Angela Cimino e Suor Danila Marta Antunovic, due delle sorelle della comunità di Lampedusa, le cui testimonianze ci offrono uno spaccato toccante dell'umanità e del dolore di questa tragedia.
Le loro parole, colme dei sentimenti di tristezza e speranza, ci invitano a riflettere sulla tragedia delle migrazioni e sulla necessità di un impegno comune per costruire un mondo più giusto e accogliente.
Suor Angela Cimino
“Quasi due mesi fa, intorno alle ore 20.30 10 Aprile, si presentavano ai miei occhi scenari incredibili al molo Favaloro: superstiti da rianimare e nove morti per cui pregare. Lo stesso scenario si è presentato giorno 7 giugno: sono stati portati undici corpi già in stato di decomposizione, avvistati dalla Seawatch e recuperati dalla Geo Barents nei pressi delle coste libiche.
Si possono immaginare la concitazione, lo smarrimento di tutti, del sindaco compreso, pronto a chiamare il sacerdote per una benedizione alle salme. Vano tentativo! L’aria mal odorante non ha permesso di entrare ai non addetti ai lavori!
Arrivati a Lampedusa, dopo molte perplessità del sindaco circa la collocazione delle salme, sia pur provvisoria, è stato deciso di accoglierle nell’Area Marina Protetta, messa a disposizione dal Comune per avere un congruo spazio ed eseguire le difficili operazioni di ispezione cadaverica. Finalmente una collocazione!
Protetta/o significa: riparato, custodito, difeso, aiutato, tutelato, preservato, soccorso.
Di certo, per gli undici fratelli (e poi 12) nessuna protezione!
Partiti chissà da dove, per quali motivi, con che desideri. Nessuno lo saprà mai. Nessun nome, nessuna identità geografica. Solo corpi putrefatti! Non ho potuto dare nessuna carezza come era invece accaduto dopo i disastrosi eventi del 10 aprile.
Sono rimasta a lungo all’esterno delle sale di ispezione con il sacerdote don Pastor e le mie consorelle della comunità, in attesa di poter dare la benedizione. Con il cuore spezzato, ho pregato Dio perché prendesse con Sé questi fratelli, sconosciuti agli occhi di noi uomini ma non a Lui: Dio creatore di ogni creatura. L’attesa è stata lunga e faticosa anche per l’aria male odorante, che valicava le porte delle sale.
Non ci siamo mosse da lì fino a che non ci hanno opportunamente consigliato di ritornare l’indomani, visto che occorreva ancora tanto tempo per completare l’ispezione e poi procedere al sigillo delle bare. Come è stata lunga la notte! Avrei desiderato rimanere ancora a lungo! Avevo l’impressione di lasciarli soli e che mi implorassero vicinanza e compagnia. Troppo a lungo lo sono stati su quelle acque gelide e mortifere!
Alle 7.45 mi sono avviata verso l’Area Protetta, a soli pochi metri dalla nostra casa. Alle 8.00 siamo riuscite finalmente ad entrare. Che scenario! 11 bare allineate e con sopra una scritta terribile: Cadavere A – Cadavere B – Cadavere - C…e così via fino alla lettera M…Una mia consorella ha assegnato loro un nome con le iniziali delle lettere. Che bel pensiero!
Eravamo lì in tanti a dare loro l’estremo saluto fraterno e la benedizione del Signore impartita dal sacerdote, anche lui di origini africane.
Finalmente nessun ostacolo ci ha impedito di rimanere a lungo a pregare, piangere e, oserei dire a conversare con loro…I giovani dello staff Seawatch, che li avevano avvistati e segnalati, erano lì a piangere a dirotto. Avevano anche loro urgente bisogno di essere sostenuti in quel momento. Alle 9.30 sono iniziate le operazioni di trasferimento al molo commerciale. Li abbiamo preceduti e accompagnati anche lì. Non abbiamo voluto lasciarli partire da soli. Troppo a lungo erano rimasti soli su quelle gelide e mortifere acque. Siamo rimasti in silenzio, sfogando il nostro dolore fino a che la grande nave Siremar, li ha accolti. C’è posto anche per loro. Ed ora si, che sono entrati in un “area protetta” che li accompagna e li custodisce.
Fratelli amati, pur non avendovi conosciuti, guardati negli occhi e accarezzati, buon viaggio nell’eternità di Dio! Amen!
Con amore, i vostri fratelli e sorelle che vi hanno accolto, custodito e accompagnato in questo vostro ultimo viaggio!"
Suor Danila Marta
“L’8 Giugno 2024 alle ore 16.30 è arrivata una chiamata dal viceparroco, don Pastor: ci sono 11 cadaveri di migranti - ci ha detto - volete venire con me per benedirli?
Arrivati al molo Favarolo, non ci hanno dato il permesso di entrare per preservare la nostra salute e sicurezza perché i cadaveri sono stati in mare più di 10 giorni.
Siamo andati allora a Marina protetta dove sono stati portati per le indagini scientifiche. Insieme ai poliziotti, la Guardia Costiera e don Pastor, siamo rimasti lì per 4 ore condividendo riflessioni e fatiche.
Essendo i cadaveri in mare da più di dieci giorni, di certo, le condizioni per le indagini, erano difficili ed abbiamo compreso sarebbe stato meglio ritornare il giorno dopo per la benedizione.
Così, alle otto del 9 Giugno, ci siamo trovati nell’aula conferenza di Marina protetta. È stata una scena straziante; le bare con gli 11 corpi erano disposte sul pavimento con le lettere alfabetiche A… B… C… D… e così via. Ho notato che stavolta non c’erano numeri, come spesso accade venga fatto al molo. Abbiamo aspettavo più di un’ora il personale dell'agenzia funebre e, in quest’attesa fatta di preghiere, ho pensato di dare un nome che iniziasse con ognuna delle lettere, Admin, Beatrice, Celestina, Davide, Emin, Faruch, Giovanni, Hasan…ecc.…
Ho volutamente mescolato i nomi della tradizione cristiana a quelli della tradizione musulmana perché musulmani in terra cristiana.
Poi, al molo commerciale, abbiamo assistito alla scena più triste...nel tragitto, vi erano migranti vivi al secondo piano, turisti e lampedusani al primo e giù i cadaveri da portare verso Porto Empedocle. Nello stesso momento, è poi arrivata la motovedetta della Guardia costiera che portava altri migranti appena arrivati.
Mi sto chiedendo, con cuore spezzato, a che serva tutto ciò e perché, in continuazione, accadano queste situazioni. Davvero non esiste un altro modo umano e dignitoso? Spero che chi è responsabile si renda conto e cominci a cambiare qualcosa!
Noi possiamo solo di nuovo piangere e pregare tanto il nostro Dio, perché apra la mente della umanità.”
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